martedì 15 marzo 2011

Danubio di bufala piacentina














Pompa di benzina fronte strada a coprire un piccolo giardinetto pubblico con fontana zampillante di acqua potabile al centro e 4 panchine di legno disposte su un perimetro romboidale immaginario. Intorno il delirio automobilistico di una delle arterie del quartiere, in realtà della città visto che quella è una delle principali direttrici che collega il cuore commerciale della city al suo centro storico, le zone nell'immediato più turistiche. Chi ci passa, certamente vede la stazione di rifornimento quasi mai fa caso a quel rettangolo di verde alle spalle, con vegetazione troppo fitta per renderlo esteticamente gradevole.
Per lo più è ravvisato come l'ennesimo arredo urbano degradato confinante sul lato posteriore con una filiale di banca che prende tutto il piano terra di un bell'edificio a 5 piani adibito ad uso abitativo privato. Eppure quell'angolo di verde incolto, fatto di quercie alte, siepi irregolari e di un tappeto a sfumaure rosse e gialle di foglie enormi è da tempo, (qualche anno almeno) la dimora fissa di due barboni. Davanti quindi la pubblica protezione data dalla pompa di benzina alle spalle una stradina adibita al parcheggio ma di scarso accesso che disegna il confine con gli uffici dell'istituto finanziario. Ai lati un piccolo recinto di ferro basso ed una barriera di macchine a disegnare un muro di cinta invalicabile. Per guardarci dentro bisogna pensarci, farci caso, impegnarsi, altrimenti è solo l'ennesimo sfondo che fila via nei nostri passaggi quotidiani quando presi da ansie ed impegni vari ci lasciamo sfuggire via il contesto, lo scenario, la vita nascosta che ci circonda, quella che bussa inutilmente ai nostri occhi. Occhi affaticati, arrossati o truccati, raffreddati, alcuni nervosi, altri nascosti da lenti scure, altri ancora con sopracciglie innaturali o tagli non europei, piccoli e grandi, espressivi e ridenti, colorati o sbiaditi, tristi e disincantati, rapiti da pensieri o sognanti...alcuni semplicemente stanchi, la maggior parte però sempre distratti.
Di giorno i due clochard abitano tre di quelle panchine lasciando impegnate le sedute delle medesime con pile di buste, borse, indumenti, cibo in scatola e giornali. Si lavano alla fontanella dove riempono bottiglie di plastica che posizionano con ordine nei pressi di una aiuola spellacchiata alle loro spalle, stendono poca biancheria intima usurata dal tempo sul rugginoso recinto, poi si spostano proprio con la stessa leggerezza con la quale ognuno di noi si muoverebbe a casa. La differenza ovvia è che loro non hanno mura ed un tetto a protezione, non c'è nulla che li nasconda, niente a dare dignità alle proprie solitudini. Malgrado ciò non c'è percezione di disagio. Loro, invisibili alla società hanno reso gli 'altri' (per esigenza) altrettanto trasparenti.
La parte in alto a sinistra del giardino, quella più nascosta dalla struttura della pompa di benzina nonchè da un maestoso albero è adibita alle deiezioni quotidiane. Quando fa caldo pur passeggiando all'esterno di quel rifugio pubblico, l'odore è insostenibile a tratti, eppure in tanti anni anche quell'elemento indice di una presenza non ha cambiato una virgola l'atteggiamento di chi vi passa, forse fa solo accellerare il passo nella più ricercata indifferenza.
La notte quando piove o cala il freddo, quello che fa male per intendersi, abbandonano le panchine giaciglio e dormono in un angolo coperto dell'edificio di fronte, quello della banca. Coperte marroni spesse, cartoni a fare da materasso, cappucci di felpe sbiadite calate sul capo, il brick di vino vicino al muro a fare da doppio cuscino.
Io passo a piedi prima dell'alba. Una delle prime volte incrociando quell'angolo di edificio con le scarpe pesanti, calpestando con decisione un tratto di marciapiede fatto da una pedana di metallo rigida penso anche di averli svegliati. Quello è il punto di accesso più comodo alla strada per attraversare quando non ci sono molte macchine come è appunto a quell'ora.
Ancora oggi, quotidianamente passo in quel tratto ed all'incirca sempre alla medesima ora, quella del sonno reso più leggero dalla mattina che incombe con la sola differenza però che ora evito qualsiasi rumore. A volte se ho gli scarponcini alzo addirittura i talloni. E'paradossale probabilmente visto dall'esterno ma ho sempre la netta sensazione di passare per casa di qualcuno...poi ci penso e mi ripeto: "...quella...è una casa!".

PS
La dedica è a chi ha perso tutto...per volontà, per il caso o per sola potenza della natura.


Passiamo quiandi alla ricetta. E' la prima volta che preparo un Danubio, la scelta per l'MTChallenge quindi non ricade su una versione che sia sorprendente o molto distante dallo standard quanto sulla scelta di ingredienti di particolare qualità. Il tocco di personalità che per ovvie ragioni non può essere evidente per la sola fattura dell'impasto (pur molto lavorato), l'ho quindi fatto poggiare anche sull'abbinamento: ricotta di bufala, un asiago mediamente stagionato non molto ricco di grassi che fungesse da legante (ma che non diventa un chewing-gum da freddo) ed un salame artigianale piacentino all'aglio che potesse invece spezzare la continuità grassa dei latticini.
Ad onor del vero in cottura il salame ha perso gran parte del proprio aroma conservando solo delle note di aglio. Queste sono infatti risultate evidenti ad un assaggio ad inizio pasto (a bocca neutra per intenderci) ma non altrimenti il che da una parte rende la pregevolezza del salume d'altra parte invece fa perdere leggermente in carattere alla farcia.
Il salame per qualità della carne fa sempre la sua 'porca' figura ma la pennellata in più al palato che mi aspettavo ad onor del vero non c'è stata secondo la mia aspettativa. Detto ciò sono rimasto invece contento di questo lievitato per me inedito ma che mi sono ripromesso di riapprocciare con "grassi" e bilanciamenti di farina diversi sia per versioni salate quanto dolci.
Il titolo ovviamente è il rimando per non-sense ad una bufala impropiamente piacentina che sa comunque dire la sua pur fuori contesto...un pò come il presente danubio insomma :P eheheheehehe

Danubio di bufala piacentina

500gr di farina divise in 300gr. di manitoba e 200gr. di farina 00 entrambe di Mulino Marino;
150 gr. di lievito madre 'fresco di rinfresco';
50+20 gr. di burro "Occelli";
1 cucchiaino di malto;
250gr di latte intero;
1 tuorlo ed 1 uovo intero codice 0;
10 gr, di sale;
10 gr. di zucchero;

Per la farcia:
250 gr. di ricotta di bufala;
200 gr. di salame artigianale piacentino all'aglio;
250 gr. di asiago stagionato nero;


Preparazione:
Per il lievito madre, la mattina che devo usarlo, tre ore prima lo rinfresco* e lo lascio a temperatura ambiente fino a quando non devo impiegarlo.
La base di partenza quindi è il lievito madre appunto con un classico profumo di yogurt (non deve assolutamente avere note acidule al naso) sciolto nella totalità del latte (leggermente tiepido) ed il cucchiaino di malto. Lascio il composto quiescente per una ventina di minuti tempo invece che uso per sciogliere il burro (solo 50gr.) a bagnomaria in modo che si possa anche raffreddare.
A questo punto miscelo in una ampia ciotola di vetro il lievito sciolto nel latte con la farina precedentemente setacciata e poi progressivamente aggiungo prima il burro liquido (aggiunta fino al completo assorbimento di quanto versato) e poi l'uovo con il tuorlo al fine di ottenere un impasto abbastanza morbido (uso una forchetta solitamente all'inizio e poi procedo con le mani staccando il composto dalla ciotola e lavorandolo 'in aria').
L'impasto all'inizio potrebbe anche avere una consistenza avvilente l'importante è procedere con sistematicità con un movimento di riciclo che faciliti lo sviluppo della maglia glutinica. Alla fine si ottiene una palletta elastica e profumata. E' proprio a questo punto che continuo ad impastare mettendo ancora e progressivamente una 20 di gr. di burro aggiuntivo (questa volta non sciolto ovviamente) nelle mani che faccio assorbire quasi massaggiando l'impasto.
In tutto ho impastato per circa 45' di seguito.
Una volta terminato metto la pasta in una capiente ciotola di vetro unta con un velo di burro, la copro con pellicola per alimenti (la ciotola non l'impasto) e la lascio lievitare per 16-18 ore in frigo sul ripiano delle verdure.
Al termine di questa fase tiro fuori la pasta e lascio a temperatura ambiente per quasi una ora (adesso fa ancora freddo) dopodichè procedo a ricavare tante palline non più grandi di una noce.
Tre, quattro colpi di mattarello per ognuna in modo da ottenere un dischetto ampio e poi continuo con la farcia. Per ogni pallina un cucchiaio di ricotta di bufala (opprtunamente privata del proprio siero, deve essere asciutta altrimenti bagnerà irrimediabilmente la pasta in cottusa), un dadino di asiago stagionato ed un bel cubetto di salame. Chiudo quindi il cerchio verso l'alto facendo combaciare la circonferenza esterna. Con il pollice e l'indice poi procedo a strozzare la pasta in eccesso (come per la formatura dei babà) in modo da eliminare l'impasto superfluo ottenendo così delle palline abbastanza imbottite.
Anche se le foto non rendono giustizia in fase di pezzatura bisogna cercare di ridurre al massimo l'impasto anche perchè poi ci penserà la successiva lievitazione a dare spessore all'involucro.
Una volta formate tutte le palline quindi riporle un tantino distanziate su stampi imburrati ed infarinati per l'ulteriore lievitazione di circa due/tre ore a 27°-28°.
A fine lievitazione quindi spennelate abbondantemente con il latte e portate poi il tutto in forno preriscaldato statico a 180° (ripiano medio) e cuocere per circa 40' coprendo qualora la superficie esterna tendesse a bruciare.
Attendere che si raffreddino e prelevarle dallo stampo.
Sono buone fredde e devo dire che la presenza del lievito madre rende questo danubio buono anche dopo un paio di giorni.
Ovviamente attenti sempre alla ricotta ;)

*"Fresco di rinfresco" per me vuol dire che sono al terzo rinfresco consecutivo. Supponiamo cioè che voglia preparare il pane il Sabato(infornarlo intendo).
Il Mercoledì sera faccio il primo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Giovedì sera faccio il secondo rinfresco al lievito e lo metto in frigo.
Il Venerdì faccio il terzo rinfresco ed invece di riporre il lievito nel frigo lo lascio a temperatura ambiente per tre ore dopodichè lo uso per l'impasto che metto a lievitare tutta la notte (sempre in frigo) e che uso il giorno dopo (Sabato)per preparare il danubio.















Anello di Danubio





























Brioche di Danubio