martedì 20 marzo 2012

Pasticcini di pasta di mandorle al mandarino














Sabato mattina di fine Luglio, piove già dall'alba, nuvoloni grigi irrompono con folate di vento sui tetti di quella periferia di città dai tetti recenti che di storico hanno solo gli strati di polvere dei cantieri aperti nelle vicinanze e mai chiusi.
Le periferie non sono mai uguali tra loro, eppure un denominatore comune di provvisorietà le accompagna spesso, un carattere di transitorietà che si legge nelle strade non ancora asfaltate, in un traffico di automezzi da lavoro pari a quello privato, nei negozi senza insegna, nei pochi bar aperti in tutta fretta, in qualche venditore ambulante alla ricerca di clienti nuovi, nell'unica scuola pubblica che ad orari prestabiliti concentra tutta la vita 'nascosta' intorno, periferia che si legge in un desiderio ostentato di asfalto a ricacciare la solitudine di un apparente isolamento verde.
La pioggia viene dal mare e c'è un leggero vento che rinforza sotto a darle spessore, quasi che nell'irruenza di quegli acquazzoni così rapidi nel colpire il terreno sia già presente un germe di fuga, una volontà di andare lontano lasciando spazio al sereno.
Cucino tutta la mattina dedicandomi in particolar modo ad un dolce. Ad ora di pranzo la luce è ancora grigia, il sole compare quasi quanto l'asso vincente nel gioco delle tre carte, c'è per non esserci mai alla resa dei conti. Confortato però dalle previsioni e da quella brezza sempre più decisa, convinco MissD. ad andare in spiaggia, supportando il tutto con la semplice constatazione che a quell'ora i più avranno rinunciato al mare preferendo luoghi riparati come i centri commerciali al chiuso.
Preparo due panini taglia small con mozzarella, pomodori, un paio di foglie di basilico, un pizzico di origano siciliano regalatomi dai vicini e qualche granello di sale. Un paio di albicocche, zaino in spalla ed in mezz'ora siamo sul bagnasciuga, battuto da un vento fresco e teso reso piacevole da un sole forte.
C'è luce ovunque, l'aria è pulita.
Poche persone contate su quel tratto di litorale libero. Un trio di ragazze straniere intente a fotografarsi vicendevolmente con cambi di mise combinando in modo casuale e divertito le singole dotazioni accessorie, cappellini, sciarpette di acrilico colorate ed occhiali un pò vintage. Il tocco di patinato è dato dalle mani unte di patatine alla panna acida continuamente ricercate in una busta di plastica di un supermercato vicino.
Alla mia sinistra poco lontano, un venditore ambulante di bibite che si presenta non appena ripongo l'asciugamano sulla sabbia, per comunicarmi che ogni mia eventuale esigenza di birra può tranquillamente essere soddisfatta dalla borsa thermos che ha poco lontano.
Ringrazio e leggo nel suo volto la delusione per il mio accento italico. Le birre le vende solo a turisti del nord europa o a famiglie dell'est, approdate per disperazione nel nostro stivale che si ritrovano sui nostri lidi ad assaggiare il tocco esotico di un mare mai visto prima, un mare che inebria per quanto è bello, che cattura sguardi e speranze. Il mare spiazza chi non è avezzo a trovarselo di fronte, lascia in fuorigioco i sensi e l'anima che si dibatte tra flutti riflessivi con il solo desiderio di prendersi quello che il quotidiano prova a negare. L'alcool in questo è il miglior cuscinetto per sedare emozioni e reazioni tanto distanti tra loro pur nel loro essere parimenti sentite e contrariamente persuasive.
Ho sempre associato la birra in spiaggia alla combriccola di persone mature che disertano il bagnasciuga per giocare a carte sotto freschi dehors fronte mare, o al capofamiglia rustico che sotto l'ombrellone in fuga dal sole dimostra la propria mascolinità trangugiando birra davanti alla propria famiglia apparecchiata alla meglio per il pranzo.
Ci voleva l'onda lunga della povertà dell'est europa a completare l'immagine stereotipata di turisti tedeschi a loro agio con la pinta bionda sotto il solleone. Il significato è diverso, quanto meno lo è il punto di partenza, lo sguardo raddolcito dell'oblio magari no, forse non è solo un retaggio culturale è proprio desiderio di non perdersi di fronte a quel blu intenso che ci spinge sino all'orizzonte.
Dietro di me una signora di 65 anni circa, con paglietta in testa ed i segni di una vita intensa sul volto, si raggomitola su un piccolo asciugamano di poche pretese e prova a dormire, almeno così sembra. E'sola MrsWrinkle. Una bottiglietta d'acqua portata da casa fuoriesce dalla borsa, lei con un costume intero nero che ha visto molte stagioni, poca scuola sulle spalle visto il malconcio italiano esibito poco prima al cellulare, una catenina d'oro sottile al collo ed un orologio con un cinturino consunto di pelle marrone al polso destro. Occhi chiari e buoni in un viso contenuto senza eccessi, ne paffuti ne spigolosi, solo rughe curvilinee.
Poco dopo le si avvicina il quasi-coetaneo venditore abusivo di birre MrHawker. Lui di media statura, capello corto scolpito, ad occhio e per carnagione direi filippino, di corporatura media e senza un filo di barba. Indossa una maglietta nera a manica lunga con un fluorescente surf disegnato tra le scapole, pantalone multitasche vissuto e scarpe di tela chiuse, un tempo bianche.
E'evidente che si conoscono o quantomeno prima avranno già parlottato.
Nel mentre MrsWrinkle provava a tenere gli occhi chiusi, lui invece intercettava un connazionale, venditore ambulante di frutta, di passaggio poco distante su quel tratto di spiaggia, prendendo a questi una grossa fetta di cocco.
Arriva quindi alle spalle di MrsWrinkle, la aggira, le si pone davanti e piegandosi sulle ginocchia le dice:"Ho trovato cocco".
Lei si alza in scioltezza quasi stesse aspettando il momento, si mette a sedere, prende la fetta di cocco e nel ringraziarlo inizia anche a mangiarlo.
Hanno parlato per dieci minuti buoni. Lui piegato sulle ginocchia, lei seduta di fronte.
Non so cosa si sono detti, di certo quando MrHawker ha iniziato nuovamente il suo giro MrsWrinkle nel mentre si allontanava, ha evidentemente dato voce ad un senso di concretetezza probabilmente smarrito qualche minuto prima esclamando:"...ti prendo una birra in cambio, non ho pagato...".
MrsWrinkle aveva evidentemente chiesto qualcosa da mangiare a MrHawker che impossibiliato dall'accontentarla al momento si era rifatto alla prima occasione.
MrHawker si è girato e con sguardo serio ha fatto intendere che non voleva nulla in cambio. MrsWrinkle ha ringraziato con gli occhi ed è tornata a raggomitolarsi sul piccolo asciugamano. Non c'era tensione di altro tipo tra i due, probabilmente solo un incontro breve di due solitudini provenienti da periferie anagraficamente lontane che per qualche minuto si sono riconosciute in un limpido, estemporaneo e fresco pomeriggio di fine Luglio.

Passiamo alla ricetta adesso.
Nel conoscere le inclinazioni del gusto di alcune persone e nel constatare che non sempre ho il tempo per poterle accontentare con dessert leggermente più elaborati, opto per soluzioni confortanti e leggermente distanti dallo standard classico per provare, io una strada differente e per proporre invece a chi ho accanto una alternativa che sappia di pensiero affettuoso.
Questi piccoli pasticcini di pasta di mandorle al mandarino nascono così, quasi per caso come spunto, ripensati al volo per avere a disposizione degli ottimi mandarini scelti personalmente dal mio naso e preparati in un Sabato mattino dal tempo incerto. La ricetta è di Anna Petrera, dal forum della Cucina Italiana, ripresa da Giovanna Lost in Kitchen qui, la stessa Giovanna che non mi stancherò mai di ringraziare per avermi dato prospettive e riferimenti più alti nel rapporto con un certo tipo cucina che erroneamente approcciavo con minore consapevolezza.
Poichè so che da me non vi aspettate foto strabilianti per il gusto della pastina di mandorla con il retrogusto di mandarino...vi chiedo un piccolo volo pindarico quel tanto perchè vi incuriosisca e la possiate mettere in cantiere anche voi (dalle istantanee tra l'altro il mandarino si intravede anche...).
Vi confesso una cosa però. Questa ricetta non doveva arrivare al blog perchè il Sabato stesso che sono stati sfornati i pasticcini, non riuscendomi a trattenere, li ho provati quando si erano raffredati da pochissimo ed al primo...ma anche al secondo assaggio...non avevano sapore. Non potete immaginare quanto la mia faccia cretina si sia connotata ancor più di espressioni da ebete.
La prima reazione è stata, rivolgendomi a Miss.D.:"...minchia che delusione...eppure 4 mandarini come quelli avrebbero dovuto farsi sentire...questi non li diamo a nessuno che ce li tirano dietro...".
Poi la Domenica mattina presto a colazione...da vero morto di fame quale sono ne ho provato uno...e poi uno...e poi uno ancora. Se non fossi stato sicuro che qualcuno potesse averli cambiati avrei detto che erano stati preparati da altri ed invece erano sempre gli stessi.
Di fatto al palato avevano acquisito carattere, finalmente la pasta di mandorle riempiva la bocca con un sapore netto contrastato dal profumo dei mandarini adesso chiaramente percepibile. Insomma un piccolo miracolo dato solo dal riposo dei dolcetti. Delle due infornate che ho fatto, la prima è arrivata ai 19 minuti invece dei 15 previsti (visto per esperienza che il mio forno è un pò "lento" rispetto ad altri) la seconda invece ha rispettato in pieno il quarto d'ora. I pasticcini di quest'ultima tornata si sono rivelati decisamente più buoni essendosi asciugati meno e quindi restituendo una piacevole nota umida che i primi non avevano.
Per la ciotola che vedete in foto...invece ringrazio con molto affetto una amica vicina-e-lontana del quale mi fregio di fare da "stalker" ;P

Pasticcini di pasta di mandorle al mandarino ( da una ricetta di Anna Petrera, dal forum della Cucina Italiana)

Ingredienti
500 gr. di mandorle spellate e tritate (finemente ma non finissime);
300 gr. di zucchero;
buccia di 4 mandarini non trattati;
2 chiare di uovo (la quantità dipende sia da quanto sono asciutte le mandorle sia dalla grandezza delle uova);

Preparazione
Tritare le mandorle con lo zucchero e la zeste di mandarini facendo andare le lame ad intermittenza.
Se il recipiente del vostro cutter fosse anche sufficiente per contenere il tutto il consiglio personale è di dividere lo stesso il composto iniziale (mandorle intere, buccia grattuggiata di mandarini e zucchero) in 4 parti uguali e di procedere con il mixer altrettante volte in modo da assicurarvi una resa omogenea dell'impasto con una granella che sia piccola ma non del tutto farinosa. Certamente il passaggio richiede un pò di tempo ma questa piccola attenzione ha il suo perchè nella resa finale.
Aggiungere quindi al composto così ottenuto gli albumi e lavorare fino ad ottenere un impasto morbido.
Far passare la pasta attraverso una bocchetta a stella senza usare la tasca, spingendo l'impasto con le dita ma facendo attenzione a non spingere il dito oltre le punte perchè potrebbe incastrarsi. Di mio invece abbiamo proceduto a formare piccole palline di composto sulle quali sopra sono state adagiate mezze ciliegine candite o pezzetti di arancia candita.
Infornare a 170° per 10-15 minuti. I dolcetti devono restare chiari e vanno sfornati quando le punte iniziano a colorirsi, perché il cuore resti morbido.
Così come accennato prima non andare mai oltre i 15'.
Questa volta non posso dirvi che appena sfornati sono da assaggiare...ma solo di aspettare al giorno dopo per valutarli :P ehehehehehe